TRIESTE LA “CAPITALE DEL CAFFÈ”
Nel 1719 Carlo IV d’Asburgo attribuisce al porto di Trieste lo status di Punto Franco. La fine della Repubblica di Venezia, per mano di Napoleone Bonaparte che firma il trattato di Campoformio nel 1797, giova ulteriormente al porto triestino: nel corso del secolo la città diventa meta ideale di molti commercianti che la fanno diventare quarta città dell’Impero con il suo primo porto mercantile.
Nel fervore di traffici del Punto Franco primeggia il commercio del caffè che imprenditori dalle provenienze più varie gestiscono con capacità decisamente moderne. Consolidato nel corso del Novecento il commercio del caffè a Trieste è riuscito a mantenere un primato che si rispecchia in quel 20% circa di importazioni italiane che gestisce tuttora. Per il Porto il commercio del caffè rappresenta circa 40.000 mq di magazzini impegnati con picchi di quasi un milione di sacchi da 60 kg in giacenza. Grazie a una fitta rete di rapporti internazionali, gli importatori-crudisti triestini sono in grado di offrire ai diversi mercati (italiano, europeo e dell’est) tutte le qualità di caffè disponibili, con particolare attenzione ai caffè di alta gamma e ai cosiddetti specialty coffees. Le case di spedizione specializzate riescono a espletare qualsiasi operazione mercantile e doganale sia in importazione ed esportazione sia nel magazzinaggio che nella lavorazione del caffè. Così anche le compagnie di assicurazione si sono specializzate in coperture assicurative del caffè, sia nelle movimentazioni che nelle giacenze. Nel corso della seconda metà dell’Ottocento nasce anche la figura del torrefattore, il quale si dedica esclusivamente alla tostatura del caffè. Nei primi anni del XX secolo vengono istituite la Borsa del Caffè e il Laboratorio Chimico Merceologico della Camera di Commercio. A Trieste viene fondata anche una tra le prime aziende specializzate nella decaffeinizzazione. Attualmente la città dispone di centri di ricerca e laboratori specializzati sul caffè, nonché di scuole finalizzate a formare i professionisti del settore.
Trieste è una delle città italiane con il più alto consumo di caffè: circa 10 kg pro-capite/anno contro i 5 kg pro-capite/anno della media italiana. La maggior parte dei triestini lo associa alla sfera della socialità e del benessere ed è solita ritagliarsi il caffè a proprio gusto. A Trieste non si ordina un espresso, ma un nero che può essere ristretto o lungo. Il deca invece è un espresso decaffeinato. Il caffellatte diventa il latte macchiato, mentre il cappuccino “all’italiana” viene sostituito dal caffellatte triestino. Volendo bere un macchiato si deve chiedere un capo ovvero cappuccino, ma servito in tazza piccola. Un goccia o gocciato è un espresso con una goccia di schiuma di latte. Si ha poi il caffè corretto: un espresso con l’aggiunta di una goccia di un’altra bevanda, generalmente grappa, brandy o sambuca. Tutti i caffè sopraelencati possono essere ordinati in tazza o in b, ovvero in un bicchiere di vetro. Uno degli ordini più comuni è appunto il capo in b. Questa dicitura è propria solamente della città di Trieste.
Tanti sono gli esercizi pubblici dove poter consumare il caffè a Trieste: a fine 2021 il Registro della Camera di Commercio vedeva registrate e ben 751 attività solo di “bar e simili senza cucina”. Tra questi è importante segnalare la presenza di diversi Caffè Storici: Antico Caffè San Marco, Antico Caffè Torinese, Caffè degli Specchi, Caffè Stella Polare, Caffè Tommaseo, Caffè Urbanis, Pasticceria La Bomboniera e Pasticceria Caffè Pirona.