LA STORIA DEL PORTO DI MONFALCONE
Osservando le carte geografiche dal ‘500 in poi, si possono rilevare, dal fiume Timavo all’Isonzo, numerosi approdi, seppur di scarsa rilevanza economica. Bisogna attendere il diciannovesimo secolo per le prime valutazioni ufficiali sulle potenzialità di uno scalo commerciale a Monfalcone e vederne la nascita. Nel 1806, infatti, un funzionario napoleonico, Cinzio Frangipane, analizzando gli aspetti economici, demografici e commerciali dell’area isontina, ne colse le interessanti opportunità. Nel 1825 anche il governo di Vienna iniziò ad interessarsi a Monfalcone attuando i primi tre interventi significativi sul territorio a favore del futuro porto: sistemazione idraulica dei terreni, rafforzamento delle opere di difesa dalle esondazioni e mareggiate, spostamento delle attività portuali dal Timavo a Monfalcone e, nello specifico, a Porto Rosega.
Negli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale si assistì all’espansione economica del monfalconese con la realizzazione di centraline idroelettriche, l’escavazione dei bacini di Panzano e Porto Rosega, l’insediamento dell’industria chimica Adriawerke (poi Adria Soda e quindi Solvay), attività che influirono positivamente anche sulle attività dello scalo. La prima Guerra Mondiale, lasciò profonde cicatrici sul territorio e sul porto che però si riprese e si espanse nel decennio successivo grazie ad una serie di interventi quali l’escavo del canale d’accesso al porto, l’estirpazione di banchi rocciosi nel bacino di Porto Rosega, il taglio dell’istmo che separava i bacini di Panzano e Rosega, la sistemazione della strada di comunicazione con il centro cittadino ed il ripristino del collegamento ferroviario con Ronchi dei Legionari. Grazie anche a questi interventi, nell’area si insediarono ulteriori stabilimenti produttivi quali l’Oleificio Adriatico Luzzatti e la fabbrica chimica Breitner.
Nel decennio tra il 1930 ed il 1940 si consolidarono gli indici di crescita economica per Monfalcone, grazie ad un progresso di industrializzazione che trovava nella cantieristica il suo principale fattore. Intorno agli anni ‘50 lo scenario cambiò ed accanto alla cantieristica si registrò una fase di rapida crescita del movimento portuale che annoverava tra i propri traffici: ghiaia per cemento, sale per l’industria e legname che negli anni a seguire divenne uno dei principali traffici dello scalo. A partire dagli anni ’60, la meccanizzazione del lavoro portuale determinò un vistoso salto di qualità del porto di Monfalcone. Vennero introdotti attrezzi come la pala meccanica di stiva e sollevatori di diversa portata che aumentarono notevolmente le rese di sbarco e l’efficienza delle operazioni portuali.
Negli anni ‘70 vennero progettate e costruite opere per l’aumento del pescaggio del canale mentre la banchina venne asfaltata e prolungata di 300 metri verso Trieste. Con questi lavori il porto raggiunse la forma attuale; lo sviluppo dei suoi traffici proseguì e si differenziò notevolmente nei successivi decenni diventando l’importante realtà odierna. Oggi il porto commerciale di Monfalcone si sviluppa su un’area di 750.000 mq, manipola circa 3,5 milioni di tonnellate di merci, principalmente rinfuse solide, merci in colli e rotabili. Le principali merceologie trattate consistono nei prodotti siderurgici, la cellulosa ed autovetture.
Il Porto di Monfalcone oggi – video